Mist3ri

Tunguska

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Tunguska

Cento anni fa sui cieli della Siberia un’esplosione da mille bombe atomiche.

Tra le ipotesi la disintegrazione di un asteroide, ma anche lo «scontro» con un blocco di antimateria cosmica.

Un mistero mai risolto.

L’enigma di Tunguska.

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Mappa che mostra il luogo dove è avvenuta la catastrofe

 

Che un secolo fa, in piena Siberia, si sia verificata un’esplosione equivalente a mille bombe nucleari di tipo Hiroshima, e che quel remoto fenomeno rimanga ancora un problema insoluto, malgrado decine di esplorazioni e ricerche, è uno smacco per la moderna ricerca scientifica. Ma proprio questa è la storia della misteriosa esplosione di Tunguska, che il 30 giugno 2008 compie esattamente 100 anni: tante supposizioni, tanti tenui indizi, e ancora nessuna ipotesi definitivamente provata. Caduta di una cometa o di un asteroide? Esplosione di una bolla naturale di gas metano? Oppure, per scivolare sul fantascientifico, collisione fra il nostro pianeta e un grumo di antimateria? O lo schianto di un’astronave aliena? Sul caso Tunguska, negli ultimi anni, se ne sono lette di tutti i colori, da credibili ipotesi pubblicate su qualificate riviste scientifiche, ad articoli e libri di fiction privi di qualunque fondamento. Il centennale del mistero della Tunguska, ancora oggi irrisolto, merita un’attenta ricostruzione dei fatti.

Alle ore 7:14 locale, 0:14 T.U., del 30 giugno 1908 un evento catastrofico ebbe luogo nelle vicinanze del fiume Podkamennaja Tunguska, abbattendo 60 milioni di alberi su 2150 chilometri quadrati.

Il rumore dell’esplosione fu udito a 1000 chilometri di distanza.

A 500 chilometri alcuni testimoni affermarono di avere udito un sordo scoppio e avere visto sollevarsi una nube di fumo all’orizzonte.

A 65 chilometri il testimone Semen Semenov raccontò di aver visto in una prima fase il cielo spaccarsi in due, un grande fuoco coprire la foresta e in un secondo tempo notò che il cielo si era richiuso, udì un fragoroso boato e si sentì sollevare e spostare fino a qualche metro di distanza.

L’onda d’urto fece quasi deragliare alcuni convogli della Ferrovia Transiberiana a 600 km dal punto di impatto. Si ritiene in base ai dati raccolti che la potenza dell’esplosione sia stata compresa tra 10 e 15 megatonipetajoule).

tunguska cratereCratere di Tunguska

Altri effetti si percepirono persino a Londra, dove, in quel frangente, pur essendo mezzanotte era talmente chiaro e illuminato da poter leggere un giornale senza l’ausilio della luce artificiale.

L’ipotesi più accreditata come causa del fenomeno è l’esplosione di un asteroide sassoso di circa 30 metri di diametro che si muoveva ad una velocità di almeno 15 chilometri al secondo.

La deflagrazione del corpo celeste sarebbe avvenuta ad una altezza di 8 chilometri. La resistenza offerta dall’atmosfera può aver frantumato l’asteroide la cui energia cinetica è stata convertita in energia termica.

La conseguente vaporizzazione dell’oggetto roccioso ha causato un’immane onda d’urto che ha colpito il suolo.

Grazie ad una simulazione, alcuni scienziati della NASA e dell’Università del Wisconsin, Christopher Chyba e Kevin Zahnle con Paul J. Thomas, escludono che l’asteroide fosse di natura ferrosa o carbonacea.

Nel primo caso, il corpo celeste avrebbe raggiunto il suolo senza frantumarsi, nel secondo caso, la deflagrazione sarebbe avvenuta troppo in alto nell’atmosfera per devastare una zona così ampia di taiga.

Per ragioni analoghe e per considerazioni sulla densità, i tre studiosi ritengono improbabile che l’evento di Tunguska sia stato generato da una cometa.

Simulazioni più recenti, come quella effettuata da N.A. Artemieva per conto dell’Istituto per la dinamica della geosfera di Mosca hanno confermato la probabile vaporizzazione dell’asteroide avvenuta 5-10 chilometri sopra Tunguska, mentre nel 2007 Mark Boslough per conto del Sandia National Laboratories ha calcolato che l’esplosione fu di circa 3-5 megaton.

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Saranno forse i ricercatori italiani a svelare l’enigma di Tunguska che resiste dal mattino del 30 giugno 1908, quando alle 7,14 un misterioso oggetto di forma oblunga, più luminoso del sole, attraversò il cielo e precipitò nei pressi del fiume Podkammennaya Tunguska, in una regione abbandonata da Dio e dagli uomini della Siberia centrale, dove la taiga si fa palude e il suolo resta ghiacciato per almeno otto mesi l’anno.

In questi giorni a Vanavara, sperduto paese della regione siberiana di Krasnojarsk, festeggiano il centenario del Grande Impatto, nella nuova piazza hanno installato un monumento che riproduce un meteorite, e per le strade si vedono in giro facce nuove, gente abbigliata come Indiana Jones, persone che hanno per idolo il mitico Leonid Kulik, il primo esploratore che nel 1927 osò avventurarsi nella Grande Terra Morta, oltre il fiume Podkammennaya Tunguska, un affluente dello Jenissej: sono i turisti dell’impossibile, i cacciatori di Ufo, gli indagatori dei segreti più tenebrosi. Perché a Tunguska successe qualcosa che ancora dopo un secolo nessuno è riuscito a scoprire.

Fu l’impatto più violento e devastante della nostra era: si levò un’immensa colonna di fuoco che raggiunse i quindici chilometri d’altezza. Il boato fu udito a centinaia di chilometri di distanza.

I treni della Transiberiana, 500 chilometri più a sud, rischiarono di deragliare. Un’onda incandescente carbonizzò ottanta milioni di betulle ed abeti, un’area di oltre 2mila chilometri quadrati si trasformò in un deserto di cenere e di fango radioattivo, fu come se fosse scoppiata mille volte la bomba di Hiroshima, si valuta oggi che la potenza dell’esplosione fosse di 15 megaton.

Gli osservatori geofisici registrarono violente tempeste magnetiche, sino in Europa Settentrionale.

Cominciò a cadere sulla Siberia pioggia nera, e gli sciamani predissero disgrazie e morte per la Russia.

I quotidiani Krasnoyarets e Sibir riportarono drammatiche testimonianze.

La più celebre è quella del contadino Semen Semenov di Vanavara, un paese che distava dal luogo dell’impatto circa settanta chilometri: “Ero seduto in casa per far colazione nella fattoria, esposta a nord. D’improvviso vidi che proprio a nord, sopra la strada per Tunguska di Onkoul, il cielo si era diviso in due e il fuoco appariva in alto e si estendeva sopra tutta la foresta.

La spaccatura in cielo si allargò e tutta la parte nord si coprì di fuoco. Per un attimo persi i sensi.

Mia moglie uscì fuori e mi accompagnò in casa. Dopo di ciò, arrivò un tal fragore, come di rocce che cadevano o di cannoni che sparavano, e la terra tremò”.

I vetri delle finestre andarono in frantumi. L’ondata di calore danneggiò le coltivazioni.

I contadini maledirono quel giorno. Oggi, invece, frastornati dall’insolito traffico, dai visitatori e dalle autorità che si presentano a Vanavara col seguito di cameramen, giornalisti e scienziati, benedicono il “corpo celeste” che piovve dal cielo, “brindiamo alla salute del meteorite!” si sente dire in questi giorni di festa e ricorrenze, e in cuor loro gli abitanti del paese sperano che il mistero non venga mai svelato: “Molti dicono che noi paghiamo gli scienziati affinché non risolvano l’enigma”, scherza Jaroslav Malashyj, capo dell’amministrazione provinciale di Evenkia.

E in effetti, attorno al mistero di Tunguska ci sono più dispute che certezze. Chi aveva ucciso la taiga? Chi aveva sterminato migliaia di renne, distrutto foreste per una regione vasta quanto le Marche? Un asteroide di pietra? Una cometa di ghiaccio? Oppure, come ipotizzano i “cacciatori” d’Ufo, un’astronave aliena esplosa mentre sorvolava la Terra? Lo scienziato Kulik suppose che la causa fosse un meteorite di ferro e nichel.

Per dodici anni setacciò la zona. Ma non trovò un solo grammo di quel meteorite.

Durante una conferenza presso l’Accademia delle Scienze russa, il team capeggiato da Giuseppe Longo, professore di fisica all’università di Bologna ha annunciato di avere scoperto le tracce di un probabile cratere d’impatto: il lago di Ceko, a 8 chilometri dall’epicentro dell’esplosione.

La speranza di Longo e dei suoi collaboratori è di recuperare un frammento dell’oggetto cosmico.

Longo e il suo gruppo si occupano di Tunguska dal 1991: poco per volta, ipotizzarono che la deflagrazione nell’atmosfera di un asteroide o di una cometa avesse determinato la formazione del lago Ceko, vicino al fiume Kimciu.

La sua forma a imbuto, leggermente ellittica, è molto diversa da quella tipicamente piatta degli altri laghi siberiani.

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Per approfondire.

ACCECANTE COME UN SOLE – Il 30 giugno 1908 alle 7,14 del mattino, quando sull’altopiano siberiano è giorno affermato, appare un oggetto simile a un disco solare, con una luminosità ancora più accecante del Sole. Sfreccia da Sud-Est a Nord-Ovest, riempiendo il cielo di bagliori intermittenti blu e bianchi e lasciandosi dietro una scia di fuoco e fumo. Fende l’aria con un sibilo, poi piega verso il suolo e inonda l’orizzonte di un rosso cupo, prima di scomparire con un sordo boato. Alcuni riferiscono di aver visto distintamente il disco luminoso, contornato da tutti i suoi fenomeni accessori; altri lo percepiscono soltanto indirettamente, come un lampo, una colonna di fumo, un tremendo tuono che fa vibrare l’aria e il terreno. L’oggetto sembra cadere in una zona disabitata, immediatamente a Nord di un corso d’acqua riportato in tutte le carte geografiche, Tunguska, uno di quei grandi fiumi che dalle alture orientali si tuffano nel bassopiano siberiano a ingrossare le acque dello Jenisej. Il paesaggio è quello tipico dell’altopiano siberiano: catene montuose e vallate che si succedono monotone, ricoperte dalla taiga, la fitta foresta di conifere secolari. Tutto attorno, una complessa rete fluviale, punteggiata da paludi malsane. La zona, d’inverno, è il regno delle nevi e dei ghiacci, con temperature che scendono oltre i 50°C sotto lo zero. In quella regione, che ai primi del secolo era in gran parte inaccessibile e in parte abitata da popolazioni di cacciatori nomadi, l’oggetto non identificato sceglie una depressione naturale per scatenare tutta la forza del suo impatto: una conca circondata da colline e montagne e ricoperta da alte conifere. Le esatte coordinate geografiche, determinate 19 anni dopo il fatto, sono 60° 53’ 09” di latitudine Nord; 101° 53’ 40” di longitudine Est.

LA FORESTA CARBONIZZATA – Il disastro è di vastissime proporzioni: circa 2mila km quadrati di foresta bruciata e devastata, migliaia di animali abbattuti e, stando alle testimonianze locali, molti cacciatori e abitanti di povere capanne feriti e ustionati; ma, a quanto sembra, nessun morto. Ancora oggi, a testimonianza di quel cataclisma, resistono centinaia di tronchi di alberi abbattuti e carbonizzati, a indicare con il loro orientamento gli effetti dell’onda d’urto. I fenomeni luminosi sono avvertiti entro un raggio di 600-700 km; quelli acustici uditi fino a mille km di distanza. Per dare un’idea della portata del fenomeno, se fosse accaduto a Roma, sarebbe stato visto da un capo all’altro della penisola e udito da Francoforte a Tripoli, da Barcellona a Belgrado. Il mondo è e rimarrà per parecchio tempo inconsapevole dell’evento, ma i sensibili pennini dei sismografi e dei barografi dell’Europa intera registrano l’accaduto che è interpretato come uno dei tanti terremoti lontani. Molti anni più tardi, saranno gli studi comparativi delle registrazioni sismiche e barometriche, a permettere di calcolare la potenza scatenata dall’esplosione della Tunguska che fu di circa 13 mila kilotoni, equivalente cioè a un migliaio di bombe come quella sganciata su Hiroshima. Le notti successive un altro e più appariscente fenomeno s’impone alle popolazioni europee e asiatiche delle alte latitudini: molte ore dopo il tramonto del Sole persiste una luminosità crepuscolare di straordinaria intensità. I giornali parlano di «fantasmagorici bagliori notturni» e gli astronomi spiegano che, probabilmente, si tratta di aurore boreali connesse all’attività del Sole.

IL CRATERE CHE NON C’E’ – Trascorso il turbine della prima guerra mondiale e della rivoluzione bolscevica, bisognerà aspettare il 1921 perché un ricercatore del Museo di Mineralogia di Petrograd, Leonid A. Kulik, incuriosito dai ritagli ormai ingialliti dei giornali del 1908, decida di compiere il primo sopralluogo nella zona del disastro. Si reca, innanzitutto, nei centri più popolosi ai margini dell’area colpita, alla ricerca di testimoni oculari, e raccoglie una grande quantità di prove. Riesce a ricostruire la traiettoria del corpo, pensa che si tratti di un grosso meteorite che cadendo a terra ha scavato un cratere e ritiene di poterlo scoprire, recuperando anche i frammenti del presunto corpo celeste. Per aver successo nell’impresa occorre una spedizione ben organizzata, in grado di penetrare tra le foreste e le montagne che circondano il luogo dell’impatto. Kulik impiegherà sei anni per convincere i membri dell’Accademia Sovietica delle Scienze a finanziare l’impresa. Ma la ricognizione non dà i risultati sperati: dopo mille fatiche e difficoltà, lo studioso non trova ne’ il cratere, ne’ i frammenti del meteorite.

COMETA O ASTEROIDE? – Per superare queste contraddizioni, comincia a farsi strada un’idea, avanzata nel 1930 dall’inglese J. W. Whipple, che identifica l’oggetto con il nucleo di una piccola cometa avente circa 40 m di diametro, una stima che sarà poi rivalutata da alcuni astronomi favorevoli a questa ipotesi. Un nucleo cometario, ragiona Whipple, penetrando ad alta velocità nell’atmosfera, può dare luogo a un’onda d’urto e a un’esplosione distruttive e, nello stesso tempo, a causa della sua bassa densità e della sua struttura a conglomerato di ghiacci e polveri, può disintegrarsi completamente, disperdendo una grande quantità di piccoli grani solidi. Si spiegherebbero in questo modo il fenomeno delle notti lucenti, il mancato ritrovamento di grossi frammenti meteoritici e l’assenza di crateri da impatto. Questa, ancora oggi, è l’ipotesi sostenuta da molti scienziati russi. Quelli occidentali, invece, propendono per un piccolo asteroide, anche questo esploso e vaporizzato in aria, tra 5 e 10 km d’altezza, che avrebbe lasciato al suolo soltanto tracce microscopiche.

IL MISTERO IN FONDO AL LAGO – La Tunguska ha attratto l’attenzione anche di un gruppo di studiosi italiani coordinato dal professor Giuseppe Longo, un fisico dell’Università di Bologna. Essi, dopo sopralluoghi e analisi, pensano di avere individuato in un piccolo laghetto denominato Cheko, il cratere scavato da uno dei frammenti del presunto asteroide. L’ipotesi, avanzata in un articolo sulla rivista scientifica Terra Nova (agosto 2007), non è condivisa da altri esperti e richiederà ulteriori esplorazioni sul fondo del lago, alla ricerca di eventuali frammenti del corpo celeste, per essere provata. Fra le ipotesi più stravaganti ne esistono due che tuttavia si basano su studi scientifici qualificati. La prima, elaborata da Willard Libby, lo scopritore della tecnica di datazione col carbonio 14, si basa proprio sull’abbondanza di questo isotopo riscontrata negli anelli di accrescimento degli alberi subito dopo il fenomeno: fatto che viene attribuito alle conseguenze di una possibile annichilazione fra la materia terrestre un blocco di antimateria spaziale venuto a contatto con l’alta atmosfera. La seconda ipotesi esotica, avanzata da un gruppo di fisici dell’Università del Texas, riconduce i fenomeni descritti in Siberia nel 1908 allo scontro fra il nostro pianeta e un mini buco nero, come quelli la cui esistenza è stata postulata dall’astrofisico Stephen Hawking. Il centenario della Tunguska sarà celebrato anche su internet, il 28 giugno 2008 alle ore 22, con una diretta web interattiva tenuta dall’astronomo Gianluca Masi.

BOLOGNA – Il mistero di Tunguska potrebbe avere le ore contate. La misteriosa esplosione, pari a mille atomiche di Hiroshima, avvenuta 99 anni fa nella remota località della Siberia, sta per avere una spiegazione scientifica grazie ai ricercatori del Cnr e dell’Università di Bologna.

Per anni si è fantasticato attorno alle cause dell’esplosione: si è parlato di Ufo, antimateria, buchi neri o altri fenomeni mai dimostrati. Ora i nostri scienziati sono certi di avere in mano le prove che a Tunguska si è verificato il maggiore impatto storicamente accertato tra il nostro Pianeta e un corpo celeste.

La vicenda. Alle 7,14 del 30 giugno 1908 una devastante esplosione nelle vicinanze del fiume Podkamennaja Tunguska, abbattè 60 milioni di alberi in un’area di 2150 chilometri quadrati. Il rumore dell’esplosione fu udito a 1000 chilometri di distanza. Alcuni testimoni che si trovavano a 500 chilometri dal punto di impatto, riferirono di aver visto sollevarsi una nube di fumo all’orizzonte. Alcuni convogli della Ferrovia Transiberiana, a 600 chilometri dal punto di impatto rischiarono quasi di deragliare. Ma a Tunguska non è rimasta nessuna traccia di un cratere di impatto o di altri elementi chiaramenti riconducibile ad un corpo di origine extraterrestre. Almeno fino ad oggi.

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